Prendersi cura per praticare la cura

Data:
14 Gennaio 2012

People abstract
Abbiamo la sensazione che oggi la vision politica per la sanità pugliese, largamente condivisa nei principi, subisca tradimenti e mistificazioni da più parti ed a spese dei cittadini, complice il difficile governo di un sistema assai complesso che poggia su paradigmi “antichi” delle scienze dell’organizzazione e stratificati provvedimenti normativi ad incastro reciproco. Nel 2006 abbiamo apprezzato lo sforzo della legge 25 di prevedere un sistema di sanità territoriale che nel Distretto individuava il luogo elettivo dell’integrazione socio-sanitaria mettendo al centro la persona con la complessità dei suoi problemi. Il linguaggio utilizzato nelle norma, con termini cari al sociale e consueti nei sistemi di servizi alla persona, come l’affermazione di operare una “presa in carico globale dell’utente”, appariva strano e dirompente in una legge per la sanità, destinata  a manager ed operatori culturalmente più abituati (anche se con sfumature personali diverse) a guardare ad un “paziente” destinatario di prestazioni specializzate e “a protocollo”. Ci sembrava ormai lanciata la sfida dell’effettivo spostamento degli interventi dall’ospedale al territorio, dall’ambulatorio al domicilio: un processo di riorganizzazione col fine di realizzare un sistema integrato di servizi alla persona che è mosso dalle esigenze di assistenza e cura delle patologie e si completa, in un processo osmotico e sussidiario, con le azioni di sostegno e promozione sociale, accompagnamento, integrazione. “Il Distretto — recita l’ art. 14 della L.R. 25/2006 — è articolazione organizzativo-funzionale dell’ASL ed è sede di erogazione di tutta l’attività sanitaria e socio-sanitaria delle strutture territoriali, con l’obiettivo di garantire la presa in carico globale dell’utente per una risposta strutturata e complessiva ai bisogni di salute”. Appunto, i bisogni di salute:  con ciò guardando a tutte le componenti della salute, anche a quella psico-socio-relazionale ancora ampiamente sottovalutata nelle pratiche di cura dei sistemi sanitari. Sottovalutata sia nell’approccio diagnostico e predittivo sia in quello curativo e prognostico, nonostante l’ormai ampia letteratura e casistica che documenta la stretta interrelazione fra cura e legami sociali significativi, fra guarigione e automotivazione, fra terapia e sostegno emotivo. Per contestualizzare e rendere percettibili tali interrelazioni, si pensi ai destinatari di questa nuova sanità a livello distrettuale: anziani non autosufficienti, disabili, tossicodipendenti, alcoldipendenti, pazienti pischiatrici, gestanti, genitori in difficoltà, donne vittime di violenza, minori abusati o maltrattati, minori affidati o adottati. Nella considerazione che i servizi possono essere erogati se si prevedono adeguate strutture organizzative, grande stupore ha destato l’impianto del  regolamento regionale, emanato lo scorso aprile, per rendere operativo il nuovo Distretto socio-sanitario, in cui è stato marginalizzato l’approccio sociale, comprimendo e “disarmando” il servizio sociale professionale, così lasciando l’integrazione socio-sanitaria sul binario morto delle tabelle ministeriali (DPCM) e delle quote di compartecipazione alla spesa fra Comune e ASL. A motivo di questa utilità finale per il cittadino, oltre che per forte convinzione della validità del contributo professionale della categoria, l’Ordine degli Assistenti Sociali ha deciso di impugnare dinanzi al TAR Puglia il regolamento regionale. Tuttavia, non abbiamo rinunciato ad offrire contributi di pensiero organizzativo ed argomentazioni scientifiche, con un interessate giornata di studi (lo scorso 19 ottobre) per suggerire a politici e funzionari modelli gestionali capaci di realizzare l’integrazione, il governo della domanda e accentuare la tutela dei soggetti deboli, prendendosi cura del malato e non solo curando la malattia.

Ultimo aggiornamento

2 Ottobre 2017, 17:18