L’assistente sociale tra passato, presente e futuro

Data:
14 Gennaio 2012

di Luigi Circhetta e Lorena Ingrosso

Questi tre termini demandano all’attenzione del lettore la percezione di momenti completamente diversi e disgiunti tra loro che inducono la comunità professionale a profonde riflessioni. Sul piano strettamente professionale il passato ha consentito di gettare le basi per costruire il presente nell’ottica dell’acquisizione di nuove competenze e saperi. Coloro che nel recente passato si sono battuti per la riqualificazione della professione e per ottenere un titolo di studio accademico hanno intravisto, con lungimiranza, come interagire da tecnici sui variegati scenari della vita quotidiana. La categoria da anni convive tra due anime: una conservatrice e l’altra innovatrice.

La storia identifica il vissuto nella lotta continua per l’affermazione del sé, nella perenne divisione degli obiettivi comuni da perseguire e nella condizione di  subalternità economica,in special modo nella sanità, rispetto agli altri professionisti della prevenzione, cura e sostegno delle relazioni di aiuto. Le osservazioni/riflessioni contenute in questo articolo non sono lagnanze o atti di accusa, come spesso avviene, ma hanno lo scopo di far emergere le potenzialità latenti del lavoro sociale. per cui ritengo opportuno evidenziare il collegamento sussistente tra i tre diversi momenti esplicitati. L’attenzione volutamente si sposta verso l’imminente futuro, ma non per una visione idealista della realtà; ma per il solo presupposto che è giunto il momento di innalzare “l’asticella” delle competenze e della influenza professionale.

In questa precisa fase storica, caratterizzata da tumultuosi e significativi cambiamenti, tutti siamo stati, in modo diretto o indiretto, coinvolti nei processi integrativi contemplati dalla L. 328/2000. Passato l’effetto inebriante della “rivoluzione culturale”, dietro l’angolo già si annunciano clamorose crisi dovute alla mancata copertura finanziaria, per oggi, solo per l’area della non auto sufficienza, ma considerevoli decurtazioni sono in arrivo per tutte le altre. Senza dubbio il livello di benessere raggiunto rischia di essere abbassato con il conseguente smantellamento di alcuni servizi affannosamente allestiti con le procedure concertative e partecipative del welfare mix. Le crepe che si lasciano intravedere provocheranno un brusco abbassamento della qualità della vita di vaste aree della popolazione e, pertanto la comunità professionale non può trovarsi impreparata. La sfida è quella di contrastare la riduzione delle risorse finanziarie stanziate per le politiche sociali, a vari livelli, per impedire di rimanere cortocircuitati dal “fallimento isitituzionale” relativo all’incoerenza dell’offerta dei servizi alla persona poiché sarà impossibile garantire i livelli di assistenza in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Quindi, è proprio su questo versante che si rende necessario e indifferibile affinare strumenti tecnico-scientifici che pongano il protagonismo della società civile ad interagire secondo i principi relazionali della community-care.

Per coloro che hanno avuto modo di partecipare, nella qualità di tecnico specialista del sociale, a “cabine di regia” inerenti alla programmazione urbanistica per la riqualificazione di aree marginali, al risanamento, rilancio e trasformazione di Enti per l’Assistenza e Beneficienza, in Aziende pubbliche di servizi alla persona, è chiaro il salto in avanti che si rende necessario compiere per costruire “futuri desiderabili” incentrati sulla professionalità dell’assistente sociale che sappia azionare le leve, anche tecnologiche, dello sviluppo locale in chiave “glocale con padronanza e flessibilità. Sui futuri scenari l’azione professionale occorrente è quella orientata a promuovere lo sviluppo ecosostenibile inteso nelle sue caratteristiche e peculiari componenti: sociale, ambientale, culturale, paesagista ed economica. Un modello di sviluppo che, partendo dall’intensità dell’agire comunicativo razionale dei gruppi, delle famiglie e delle organizzazioni, semplici o complesse accresce, il “capitale sociale” delle comunità oggetto di intervento. Riposizionare la figura professionale dell’assistente sociale, fuori dagli spazi tradizionali, significa accreditare, in modo specifico, le competenze necessarie per il monitoraggio della progettazione, gestione e valutazione dei processi complessi di sviluppo di una comunità, non solo in presenza di risorse finanziare. Le fragilità affiorate con affinate analisi dei bisogni potranno trovare l’esigibilità delle risposte anche in modelli di Welfare solidaristici, espressione di azioni o percorsi relazionali, per l’ assistenza e la cura. Se non ricorrerà a soluzioni di questo tipo, ogni Ambito territoriale correrà il rischio di scivolare in condizione di conclamata difficoltà con la conseguente crescita della sfiducia da parte degli utenti. Il modello strategico di intervento proposto è basato sulla costruzione di “filiere” di bisogni ben definite da appositi protocolli che prevedano, nel processo produttivo, il pieno convolgimento dell’intero corpo della società civile. Lo sviluppo sociale di una determinata area geografica passa attraverso la valorizzazione delle risorse materiali e immateriali esistenti e l’efficace attivazione di azioni di marketing territoriale che implementano la funzionalità del sistema dell’offerta. La multidisciplinarità, come afferma Dalle Fratte, rivitalizza una comunità allargando gli orizzonti degli individui per incastrare “l’anello mancante tra persone, società e Stato che è proprio la comunità”.

La comunità, secondo Habermans, si caratterizza nell’agire comunicativo discorsivo, concertativo e del dialogo tra i suoi membri impegnati nell’elaborazione di progetti sociali codivisi. In senso antropologico la democrazia è un paradigma che, attraverso la forza propositiva del dialogo e del linguaggio, costruisce scenari entro i quali i valori diventano “linee guida” dell’agire comunicativo di tipo razionale. Secondo la teoria dell’autore, purtroppo è quella “strategia” che domina, in senso negativo, sulla funzionalità dei sistemi organizzativi. Lungo questa interpretazione filosofica dell’agire sociale anche la Heller asserisce che la vera rivoluzione è quella centrata sulla “umanizzazione della vita” che si articola con l’allargamento delle forme di relazioni comunitarie promuovendo, in modo esponenziale, la democrazia della concertazione,della programmazione partecipata e del dialogo per contrastare le forme di oppressione, di esclusione e di disagio(i percorsi assistenziali  efficaci consentono la trasformazione delle situazioni problematiche in risorse autopropulsive  con valenza imprenditoriale).

Gli strumenti metodologici per perseguire le finalità pocanzi evidenziate sono: l’osservazione partecipante che, avvalendosi delle tecniche dell’Etnografia moderna, indaga le realtà per stimolare dal basso processi emancipatori. L’assistente sociale avvalendosi dell’apporto tecnico/scientifico della Sociologia e della Pedagogia sociale, può strutturare ricerche-azione in grado di produrre, su una determinata realtà, i cambiamenti desiderati coivolgendo attivamente tutti i portatori di interesse nell’esaminare le criticità e i punti di forza del progetto partecipato che si intende realizzare. La Pedagogia sociale, nelle considerazioni illuminanti di Colazzo, attribuisce alla valutazione dei risultati un elemento autopropulsivo,ad effetto spirale, capace di innescare nuove relazioni che irrobustiscono il “capitale sociale” individuale e collettivo intrecciando con il loro “telos” specifiche forme aperte e flessibili di interazioni basate nell’accogliere le diversità, multiculturali e multietniche, secondo i principi della democrazia, della partecipazione, della governance e della sussidiarietà. L’intervento professionale, pensato in termini sviluppo delle varie sfere della vita della persona, rigenera la qualità, l’uguaglianza e integra i saperi delle altre discipline.

La Pedagogia di comunità è un veicolo in grado di abbattere le barriere elevate dal “localismo” e i vincoli esasperati che esso impone all’attecchimento di politiche sociali pubbliche partecipate,concordate,condivise e integrate. Ciò non significa che bisogna cancellare o travolgere la “memoria” della comunità; ma è necessario il recupero circolare mediante  processi di “Empowerment Comunitario”, come insieme di conoscenze, competenze, relazioni che a un singolo o ad un gruppo, consente di perseguire obiettivi comuni e di razionalizzare le risorse finanziare disponibili. L’empowerment, nelle affermazioni di Colazzo, si caratterizza per il trasferimento o nella cessione di potere ai singoli o a gruppi più o meno strutturati. Ciò avviene ricorrendo alle tecniche che connotano il trattamento terapeutico di un caso: l’empatia,la relazionalità, le proiezioni mentali e l’emozione sono elementi che concorrono all’attivazione di processi di sviluppo ecosostenibili. La qualità della vita di una determinata popolazione non è settoriale: il suo potenziale sviluppo è “plurivocale”; infatti, le ricerche condotte da Patera confermano che le trasformazioni selvaggie dei paesaggi umani sono causa di decadimento della salute, così come rigorosamente intesa nelle sue variabili sancite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

Riflessioni finali

Lo sviluppo locale dei territori è legato agli aspetti immateriali,materiali,alla memoria e all’organizzazione delle risorse. I territori arretrati, dice Hirschman, sono quelli dove le risorse restano “nascoste, disperse o malamente impiegate”. Ciò avvalora  l’asserzione finale che affronta la dissertazione di questo argomento mettendo in piena luce che le relazioni sociali costruite all’interno di un “gruppo interattivo e comunicativo” possono sviluppare cambiamenti significativi rivolti a promuovere modelli territoriali di sviluppo sostenibile “ritagliati” su reali bisogni degli stessi. Lo sviluppo settoriale è finito: le competenze professionali degli assistenti sociali è necessario che vengano manifestate,riconosciute e accreditate all’interno di tutti gli strumenti strategici di programmazione nazionali, regionali e comunali delle Aree Vaste, G.A.L., Piani Regolatori, Piani di azione locale, Piani di azione territoriali, Piani per la salute, Piani organizzativi Regionali, ecc., in vista dell’attuazione del Federalismo Municipale, Regionale e Provinciale.

 

[box type=”shadow”] Riferimenti bibliografici

Allerguzzo G., L’impresa meticcia, Erickson, Trento, 2004 / Caldelli A., a Tantillo F., Narrazione e sviluppo dei territori, Erickson, Trento, 2006 / Circhetta L., Lo sviluppo negato, Grafiche Panico, Galatina, 1995 / Colazzo S., Governance, nuove tecnologie e sviluppo del territorio in Bochicchio F., Manfreda A., (a cura di) Cultura della governance e di sviluppo locale, Amaltea, Melpignano, 2008 / Colazzo S., Patera S., Verso un’ecologia della partecipazione, Editore Amaltea, Melpignano, 2008 / Dalle Fratte G., Studio per una teoria pedagogica della comunità, Armando, Roma, 1991 / Doel M., Sawdon C., Lavorare con i gruppi, Erickson, Trento, 2003 / Folgheraiter F., Il servizio sociale postmoderno, Erickson, Trento, 2004 / Folgheraiter F., L’utente che non c’è, Erickson, Trento, 2002 / Freire P., Pedagogia della speranza / Un nuovo approccio alla pedagogia degli oppressi, Ega, Torino, 2008 / Habermans J., Teoria dell’agire comunitario, il Mulino, Bologna, 1984 / Piccardo C., Empawerment, Raffaella Cortina, Milano, 2008 / Twelvetrees A., Il lavoro sociale di comunità, Erickson, Trento, 2006[/box]

Ultimo aggiornamento

14 Gennaio 2012, 21:30