Il problema del miglior interesse del minore nelle scelte di cura

Il caso delle terapie intensive neonatali

(abstract)

Il minore è per definizione il “soggetto debole” che l’assistente sociale è chiamato a proteggere dall’agire doloso o colposo di coloro che danneggiano o che rischiano di danneggiare i suoi interessi alla sopravvivenza e al benessere psicofisico. Tuttavia, se da una parte il Codice deontologico della professione stabilisce chiaramente il dovere di “salvaguardare gli interessi e i diritti degli utenti e dei clienti, in particolare di coloro che sono legalmente incapaci” (art. 14), dall’altra l’individuazione dei migliori interessi del minore può costituire una questione nebulosa. Le scelte di cura ai confini della vita sono un buon paradigma della complessità di tale compito, per almeno tre ragioni: l’ambivalenza morale del progresso della medicina, da una parte in grado di spostare oltre limiti impensabili i confini tra la vita e la morte, dall’altra responsabile di un peggioramento della qualità della vita del paziente; l’insuperabile incertezza scientifica che caratterizza la diagnosi, la prognosi e gli esiti delle terapie; la responsabilità morale dei decisori sostituti del minore rispetto non solo alla sospensione delle cure, ma anche alla continuazione delle stesse, dal momento che esse potrebbero arrecare danni irreparabili e/o gravosi alla salute del minore. Il caso della rianimazione e delle terapie intensive neonatali, soprattutto di quelle destinate a neonati estremamente prematuri, è emblematico a questo proposito: le moderne tecnologie biomediche possono salvare la vita di feti nati sotto la 26^ settimana di gestazione ma, al tempo stesso, la sopravvivenza e le cure, spesso gravose, dolorose e invasive, possono compromettere seriamente la salute del bambino fino a causare gravi disabilità e/o dipendenza ospedaliera; inoltre, nessuno è in grado di prevedere con certezza quali saranno gli esiti dell’intervento medico; d’altra parte, anche la sospensione dei trattamenti, nel caso in cui non sortisca l’effetto desiderato di lasciar morire il bambino, potrebbe comportare pesanti conseguenze per la salute del paziente. In casi come questi, diventa necessario domandarsi se ed entro quali limiti i trattamenti medici siano nel miglior interesse del minore e, prima ancora, quale ne sia il migliore interesse.

Per rispondere a questa domanda, tuttavia, è necessario chiedersi preliminarmente:

  1. quali siano le diverse accezioni del termine “interesse”;
  2. quale di queste accezioni è rinvenibile nel minore, considerato il suo status biologico e sociale;
  3. se, nell’accezione individuata, la sopravvivenza, la morte e la cura della salute possano essere considerate nell’interesse del paziente.

In bioetica sono stati individuate tre declinazioni del termine “interesse”: preferenza, desiderio o volontà (interesse di preferenza); bisogno di non sentire dolore (interesse di esperienza); desiderio di benessere psicofisico (welfare interest). Nella relazione che segue vengono illustrati i tre suddetti modelli di “interesse” e ne vengono mostrati i limiti applicativi, allo scopo di far emergere la complessità che caratterizza l’individuazione dei migliori interessi del minore, quando ad essere in gioco sono la previsione degli esiti clinici degli interventi medici e quella del loro impatto sulla qualità della vita e sulla percezione che ne ha o che ne avrà il paziente.

 Roberta Di Canio

Ultimo aggiornamento

27 Agosto 2012, 19:01