Il Decreto Legislativo n. 62 del 2024 ha introdotto una significativa novità rispetto alla terminologia in materia di disabilità. In particolare l’art. 1 recita: “ A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto: a) la parola: «handicap», ovunque ricorre, è sostituita dalle seguenti: «condizione di disabilità»; b) le parole: «persona handicappata», «portatore di handicap», «persona affetta da disabilità», «disabile» e «diversamente abile», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «persona con disabilità»; c) le parole: «con connotazione di gravità» e «in situazione di gravità», ove ricorrono e sono riferite alle persone indicate alla lettera b) sono sostituite dalle seguenti: «con necessità di sostegno elevato o molto elevato»; d) le parole: «disabile grave», ove ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «persona con necessità di sostegno intensivo» .

Si tratta di un intervento legislativo apparentemente di poco conto, ma che racchiude una serie di implicazioni culturali ed operative particolarmente significative per chi opera nel sociale ed, in particolare, nell’ambito della disabilità. L’accezione “in condizione disabilità” sta ad indicare che un individuo, prima ancora di essere disabile, è una persona e, come tutte le persone, prima ancora di necessitare di aiuto o assistenza, possiede delle capacità, che spesso vengono sottovalutate se non completamente ignorate dalla comunità. Per questo motivo, in questa importante ricorrenza ci preme sottolineare l’importanza di quello che c’è, di quello che si può fare e di quanto il ruolo, ma soprattutto il “punto di vista” degli operatori sociali e sociosanitari sia fondamentale al fine della riuscita degli interventi di inserimento sociale e sociolavorativo di ciascun individuo.

 

È proprio il caso di fare riferimento ad una celebrefrase di Candido Cannavò, che così recita: “Penso che talvolta i veri limiti esistano in chi ci guarda” .