Costruire reti di prossimità per affrontare le sofferenze nelle città

Data:
13 Giugno 2014

Da tempo abbiamo avviato una riflessione sulla crisi economica e sociale che da alcuni anni affligge il nostro Paese nel contesto internazionale di un ciclo di deflazione, stagnazione dei mercati e crescente disoccupazione.
Una condizione che genera povertà, declinata in forme di disagio sempre più variegate e che affliggono fasce diverse di popolazione, condizionando l’accesso ai beni primari, ai servizi ma anche a diritti fondamentali che fino ad ora ritenevamo assolutamente acquisiti.
Nelle nostre città si stanno diffondendo storie di sofferenze invisibili, non solo perché sono chiuse tra le mura di un’abitazione (condizione sempre più spesso rilevata dai servizi sociali) ma anche perchè sembra farsi strada un’idea di “falso rispetto delle decisioni altrui”, che invita ad arretrare  dinanzi alla scelta “personale” di povertà-isolamento-emarginazione, ritenendo finanche inopportuno intervenire.
Alcuni autori parlano di una sorta di “naturalismo antropologico” secondo cui ormai con queste storie di sofferenza non si può far più nulla, oppure si afferma che appartiene a loro la responsabilità delle penose condizioni di vita in cui versano.
Posizioni, queste, che chiaramente dimenticano e occultano i determinanti sociali della vulnerabilità e della marginalità, “assolvendo” la società, le comunità, i responsabili politici,  sollevando ciascuno da gravosi interrogativi etici e deontologici !

«Queste storie di sofferenza sono “urbane” perché il loro modo di esprimersi è il prodotto di crisi imputabili non solo ai singoli, ma alle dinamiche sociali ed economiche di una città. Si pensi alla crisi dei legami sociali (testimoniata da reti di vicinato sempre più sottili); all’indebolirsi dei meccanismi di inclusione sociale a seguito della crisi economica (la scuola, il lavoro…); al ridursi delle politiche di contrasto alla diseguaglianza; a un aiuto che sempre più grava su reti familiari che, quando presenti, sono in affanno; alle difficili condizioni di alcuni quartieri… C’è dunque un intreccio tra storie private e storie delle città.

Le istituzioni della città (servizi socioassistenziali, sociosanitari…) sono sempre più in difficoltà a far fronte a queste situazioni di sofferenza, che esprimono disagi multipli con modalità che sfuggono anche alle categorie classiche interpretative (si pensi a come sia difficilmente inquadrabile la “vulnerabilità psicosociale”). Ci si rende conto che queste sofferenze urbane interpellano il futuro delle città. Interrogano come oggi poter far fronte a queste crescenti situazioni di abbandono sociale, di isolamento relazionale. »
Un interrogativo che non trova risposta nei sistemi/procedure attuali di contrasto alla povertà, ad erogazione pubblica, ma che necessita da una parte di connessioni fra politiche (sociali, abitative, occupazionali, urbanistiche, ecc.) dall’altra di percorsi/processi di condivisione con gli abitanti delle città.
«Occorre oggi rintracciare nei quartieri, nei contesti locali quelle risorse di aiuto, spesso invisibili, che nella città possono tutelare la cittadinanza delle persone in difficoltà. Occorre valorizzare quelle esperienze che già tessono e ritessono legami e prossimità nella città e possono contribuire a costruire territori solidali e più sicuri», senza che questo deresponsabilizzi le istituzioni pubbliche.
Riaffermare la centralità del Welfare pubblico, di un welfare comunitario e generativo, e proporre metodi di lavoro con le comunità per rendere “concreti e praticabili” i diritti di cittadinanza, appartiene al lavoro quotidiano degli Assistenti Sociali.
Per consolidare questa specifica linea di riflessione, per elaborare strumenti innovativi di lettura delle/intervento sulle diverse forme di povertà e sofferenza generate dalla crisi, per rispondere all’interrogativo su come dare valore e spessore culturale e metodologico a quelle esperienze che tessono reti di prossimità e sono testimonianza di una città/laboratorio che assume su di sé e dentro di sé la cura di coloro che vivono percorsi di disagio/sofferenza, quest’Ordine professionale in partnership con la Fondazione F.I.R.S.S., l’Ordine regionale degli Psicologi, il CARD Puglia, la Asl Bari e il Consorzio Emmanuel, con il coivolgimento di esperti delle politiche sociali, ha promosso un Laboratorio di ricerca e produzione culturale/sociale.
Una ventina di esperti si stanno confrontando con la finalità di trarre dalle esperienze gli orientamenti concettuali e metodologici che  rendono possibile affrontare in modo innovativo, generativo e originale  le storie di sofferenze.

Dopo una prima fase di lavoro del gruppo di esperti è previsto un momento di “condivisione allargata” delle riflessioni prodotte con altri professionisti (a settembre), per poi giungere (a novembre) ad un confronto nazionale sul tema “Costruire reti di prossimità per affrontare le sofferenze urbane: dal welfare dell’erogazione al welfare della capacitazione”.

Ultimo aggiornamento

2 Ottobre 2017, 17:16