La supervisione per il Servizio Sociale: Aiutare stanca? Specchiarsi rigenera!

Data:
2 Maggio 2013

Aiutare stanca? Specchiarsi rigenera! Questo il titolo dedicato all’evento formativo organizzato da quest’Ordine in collaborazione con la Fondazione Zancan e la Associazione di Promozione Sociale “Carmela Giordano” e tenutosi a Bari il 15 novembre u.s. Il lavoro di cura è stressante ed usurante ed il professionista assistente sociale che trascuri questi aspetti, ovvero trascuri la riflessione sul proprio agire professionale e sulle ripercussioni emotive e psicologiche, rischia il burn out. Il diretto contatto con le condizioni di sofferenza e problematicità in cui versano le persone a cui offriamo la nostra “professionalità” , necessita di una adeguata capacità di rielaborazione emotiva dei vissuti, dei significati e delle risonanze personali, che “fa i conti” anche con il nostro grado di rigidità/flessibilità nelle relazioni interpersonali. Vi è poi un aspetto sociale e istituzionale che incide nelle relazioni d’aiuto, e le problematicizza, ossia le risorse e gli strumenti di cui si dispone per tutelare e sorreggere le persone che si rivolgono a noi La crisi economica e finanziaria e la parallela contrazione dei sistemi di welfare incide anche sul nostro lavoro e sulla percezione del sè professionale, perchè mette in discussione i livelli di assistenza, le funzioni istituzionali, i rapporti tra diritti e doveri. La carenza di risorse e gli interventi di natura sempre più emergenziale, conseguenza di un welfare di tipo prestazionale e residuale, hanno marginalizzato il lavoro preventivo e promozionale di individuazione di percorsi autopromotivi e solutivi, ponendoci dinanzi al problema di una ridefinizione della dimensione lavorativa propria dell’Assistente sociale. È proprio in questi periodi di difficoltà e precarietà che pare opportuno crearsi spazi di riflessione quali possono essere quello della formazione e quello della supervisione, sia essa didattica che professionale. Su questi due aspetti la giornata formativa ha offerto spunti di riflessione assai interessanti. La supervisione didattica, espletata nel tirocinio professionale, rappresenta un elemento di particolare originalità per questa professione. Si tratta di un processo che prese piede nelle scuole di Servizio Sociale nel secondo dopoguerra. “La supervisione didattica è un dispositivo per l’apprendimento dall’esperienza e al contempo una relazione formativa tra supervisore e studente che ricompone apprendimento del sapere e traduzione operativa dello stesso. La supervisione corrisponde ad un processo educativo che si traduce nell’accompagnamento dello studente mentre questi prende contatto con la realtà professionale. L’accompagnamento favorisce l’elaborazione delle aspettative, l’acquisizione, la ricerca di conoscenze, lo sviluppo di capacità e atteggiamenti professionali e promuove integrazione di nozioni teoriche e strumenti operativo-metodologici.” (Silvana Giraldo) Si tratta dunque di un processo di apprendimento ad un ruolo professionale che non si limita alla mera acquisizione di prassi operative e di concetti metodologici, bensì un’azione di riflessione, di rielaborazione, di pensiero sul fare. Il supervisore deve riconoscere di essere un punto di riferimento importante, ma non assoluto. Deve favorire un processo di lettura, di rielaborazione all’interno di un setting di lavoro “protetto e organizzato”, favorendo momenti di confronto e valutazione; il tirocinante deve poter costruire una propria dimensione professionale con la guida del supervisore. È facile dedurre dunque che si tratta di una relazione altamente formativa e significativa per entrambi gli attori, che sono parte attiva del processo. Il supervisore vive una situazione di stimolo e al contempo di controllo e messa in discussione del proprio lavoro. Lo studente invece, portatore di nuove conoscenze e di una diversa prospettiva di analisi della realtà, potrebbe rappresentare – secondo alcuni formatori – l’antidoto al fenomeno del burn-out. Di pari passo alla supervisione didattica abbiamo la supervisione professionale, le due attività non sono separate in quanto, pur conservando la propria specificità, stanno all’interno del processo di costruzione continua della professionalità dell’Assistente Sociale. Il processo di supervisione per le professioni sociali fa la sua prima comparsa sulla scena lavorativa alla fine degli anni 80 e anche se non vi è una normativa nazionale di settore è possibile individuare una articolata e completa definizione: “La supervisione professionale è un sistema di pensiero meta sull’azione professionale, uno spazio e un tempo di sospensione ove ritrovare, attraverso la riflessione guidata di un esperto esterno all’organizzazione, una distanza equilibrata dall’azione, per analizzare con lucidità affettiva sia la dimensione emotiva sia la dimensione metodologica dell’ intervento per allocarla in una dimensione corretta, con spirito critico e di ricerca” (Elena Allegri) Si tratta dunque di un processo di riflessione guidata da un operatore esperto, possibilmente esterno al gruppo e preferibilmente non imposto, bensì scelto e voluto. Il ruolo di supervisore può essere ricoperto da un professionista con comprovata esperienza di servizio sociale e con capacità maieutica e di conduzione di gruppi, soprattutto formato per tale compito. La supervisione professionale è pertanto generativa di nuove idee, sensi, di nuove consapevolezze e di interrogativi poiché dà vita ad un processo di riflessività trasformativa. Per dirla con Tiziano Vecchiato, la supervisione consente di “superare la staticità delle decisioni prese in solitudine, per evitare l’adeguamento immotivato alle procedure, per non rinunciare ai gradi di libertà professionale, per rendere più efficace la propria azione”. La supervisione non è un costo ma un investimento necessario (Vecchiato) e gli assistenti sociali dovrebbero rivendicarla per un migliore esercizio delle responsabilità: è un bisogno del professionista, è una utilità per l’organizzazione , è un beneficio per l’utenza.

le registrazioni video di alcune relazioni degli intervenuti alle giornate di convegno

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alcune relazioni dell’evento

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Ultimo aggiornamento

27 Giugno 2016, 16:03