Help Me, l’evento che ha posto al centro la violenza verso gli operatori dell’aiuto

Data:
17 Novembre 2012

“la moglie di un detenuto in Ufficio ha cercato di aggredire una collega con un coltello…… la donna ha tenuto sotto la minaccia dell’arma anche me e un’altra collega, intervenute, Abbiamo cercato di tranquillizzarla e farla desistere…questo fino all’arrivo dei carabinieri….”.

“Il papà di una minore ha minacciato una collega puntandole alla tempia la propria mano ( come se fosse una pistola), perché non voleva far incontrare la figlia con la genitrice, come prescritto dal Tribunale dei Minori.”

“Minacciata da un utente portatore di grave patologia infettiva agitando la sacchetta in cui erano contenuti i propri liquidi organici”

“Sempre per motivi legati ad un contributo economico, una utente ha versato benzina nel corridoio dell’ufficio minacciando di dar fuoco alla presenza di altri utenti e di bambini.”

“Qualche anno fa la mia collega, assistente sociale, è stata letteralmente strattonata per i capelli ed ha subito il lancio di un vaso di terracotta da un’utente, in quanto l’utenza allora veniva ascoltata nei suoi bisogni a diretto contatto con l’operatore. Solo da quel momento è stata collocata una vetrata “protettiva”, che apparentemente potrebbe fungere da deterrente ma che in realtà diviene una barriera in caso di evacuazione. Quindi, ora, i nostri utenti li ascoltiamo come presso l’ufficio postale …”.

“Sono stata minacciata verbalmente personalmente e tramite frasi ungiuriose sui muri del comune dove opero e sulle porte d’ingresso del servizio. Ho ricevuto lettere in cui venivo offesa nella mia persona che ho ritrovato sotto la porta della sede lavorativa o sulla mia macchina. Ho ritrovato il tergicristalli posteriore della mia auto rotto…”

  Racconti che hanno dell’inverosimile, ma che in verità rappresentano uno spaccato di realtà tristemente poco conosciuto. Una dimensione volutamente taciuta da molti professionisti e spesso anche dalle istituzioni in quanto considerata un aspetto intrinseco o effetto collaterale, in primis del lavoro e poi della relazione di aiuto che si istaura fra utenti e assistenti sociali. Persone, le cui vite, professionali e personali, si incontrano e si scontrano sul binario della sofferenza e del bisogno, sia esso solo vissuto o valutato, nella disperata ricerca di una risposta che consenta di riscattarsi da una condizione di disagio. Sono solo alcune delle allarmanti testimonianze, a corredo delle quali intervengono, inoltre, i recenti fatti di cronaca, nonché i dati raccolti per mezzo del questionario sulla violenza verso i professionisti dell’aiuto elaborato da quest’Ordine in occasione dell’ultimo convegno: Help Me. Le tre giornate formative, nelle sedi di Taranto, Bari e Lecce, sono state momento di riflessione e confronto fra i vari professionisti impegnati nel sociale (psicologi, dottori, operatori e assistenti sociali), durante le quali sono emerse le peculiari esigenze di tutela che il fenomeno della violenza necessariamente richiede. Snocciolato il tema della violenza e del Servizio Sociale a partire dall’analisi di diversi punti: riflessione sul significato intrinseco del fenomeno, vissuto come tabù, come tema poco discusso su cui, però, molti operatori sentono il bisogno di confrontarsi. Esaminato anche l’aspetto prettamente legato alla dimensione organizzativa in merito alle procedure e/ o accorgimenti da adottare per prevenire gli episodi di violenza. Dalla disposizione del mobilio negli uffici degli operatori – lasciarsi sempre una via di fuga facilmente raggiungibile, evitare la presenza di oggetti che potrebbero diventare armi improprie nelle mani degli “aggressori” – ad una più puntuale definizione e comunicazione delle competenze di ciascun professionista, fino ad un’attenta e adeguata preparazione del personale addetto alla prima accoglienza. In questo contesto, dunque, diventa prioritaria anche l’individuazione delle cause scatenanti -rapporto causa/effetto – e non solo l’identificazione del “colpevole” o della “vittima”. La principale sfida dei professionisti dell’aiuto è quella di saper coniugare, nelle complesse situazioni operative, il mandato istituzionale con il mandato etico e di aiuto, in un equilibrio sempre più precario e instabile per via delle continue e repentine trasformazioni del sistema di welfare. Tuttavia la sfida non può essere disattesa individuando come ipotetica soluzione quella, ad esempio, di frapporre un vetro antiaggressione, tipico degli uffici postali, che inibirebbe la relazione e la comunicazione alla base del lavoro degli Assistenti Sociali. Al fine di individuare strategie di intervento e di contrasto al fenomeno della violenza, l’Ordine regionale della Puglia ha ritenuto importante interrogarsi sulle cause, sulle conseguenze, nonché sulle misure di tutela adottate dalle istituzioni, facendosi promotore a livello nazionale, d’intesa con altri Croas, della formulazione di linee guida per la prevenzione di episodi di violenza a danno degli assistenti sociali.   Una prima base di documento, formulato con il collega Sicora costituisce la proposta del nostro Ordine. Riteniamo, però, che questa debba essere discussa e valutata in sede di Ordine nazionale. Ciascun iscritto è comunque invitato a leggerla ed a commentare e/o integrare con i propri suggerimenti. [learn_more caption=”Linee guida per la prevenzione degli atti di violenza”] 1. elaborazione di piani di prevenzione specifici per servizio (anche in sintonia con la normativa sulla sicurezza del lavoro) mediante un’analisi puntuale delle condizioni di lavoro degli aa.ss. che si focalizzi in maniera particolare su: a) presenza di personale qualificato: in numero adeguato, formato sui rischi connessi alla posi- zione lavorativa ricoperta, assicurato contro i rischi di aggressioni; b) ambiente di lavoro: arredato per essere sicuro per tutti coloro che lo usano (la disposizione dei mobili non deve costituire ostacolo ad eventuali necessità di fuga, p.es. la scrivania va di- sposta con un’uscita disponibile alle spalle dell’operatore), privo di oggetti che potrebbero esse- re utilizzati quali armi potenziali, dotato di sistemi di allarme; c) organizzazione del lavoro: predisposta in modo tale da impedire che un operatore da solo possa rimane nella sede del servizio o effettuare visite domiciliari in situazioni di potenziale pericolo; d) accordi tra colleghi per la predisposizione protocolli d’azione: che prevedano p.es. pause preprogrammate per ridurre la tensione nel corso di un colloquio ovvero segnali in codice atti a segnalare situazioni di pericolo; e) apprendimento organizzativo sull’aggressività degli utenti: tramite la registrazione sistemati- ca degli episodi verificatisi e l’analisi condivisa al fine di elaborare e implementare misure di prevenzione più efficaci; f) sostegno agli operatori che hanno subito violenza, intimidazioni o minacce: mediante un adeguato supporto psicologico e/o giuridico (anche alla luce delle decisioni assunte in ordine alla possibilità di perseguire giudizialmente l’assalitore); 2. implementazione di misure di prevenzione e controllo del rischio sulla base di quanto eviden- ziato al punto precedente e di periodiche rielaborazioni alla luce di situazioni di rischio emergenti; 3. iniziative di formazione del personale sul tema.[/learn_more]  

le registrazioni video di alcune relazioni degli intervenuti alle giornate di convegno

Alcune relazioni dell’evento

Ultimo aggiornamento

4 Luglio 2016, 12:24