La mediazione familiare nel lavoro sociale

Data:
29 Novembre 2017

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Il servizio sociale professionale e la mediazione familiare sono due servizi, che pur utilizzando strategie e modalità operative differenti, si pongono importanti obiettivi comuni, come l’accompagnare i protagonisti delle controversie, verso un percorso durante il quale ognuno potrà sentirsi riconosciuto dall’altro, nei propri bisogni, paure, ansie ed aspettative.
I due interventi possono essere immaginati come due azioni che viaggiano parallele che di tanto in tanto si incontrano e a volte si sovrappongono per poi distanziarsi nuovamente.
Il servizio sociale professionale è un luogo di “trincea”; è uno dei servizi più vicini ed accessibili al cittadino, sia perché eroga prestazioni di grande utilità, sia perché è garantito con accesso universalistico e anche perché è totalmente gratuito.
Il servizio sociale professionale è il posto dove si accolgono sofferenze, paure, incertezze, ma è anche il posto in cui la persona può sperimentare una relazione positiva, sentendosi accolta, compresa ed accompagnata verso la fuoriuscita dalla situazione problematica.
Accedono al servizio sociale territoriale numerose problematiche, molte di queste riguardano la famiglia e stanno assumendo caratteristiche e proporzioni sempre più preoccupanti.
Ogni giorno noi professionisti dell’aiuto ci troviamo a fronteggiare difficoltà sociali, difficoltà economiche, precarietà lavorativa e precarietà abitativa.
Quotidianamente ci troviamo di fronte a individui che a causa dell’attuale situazione socio-economico con fatica riescono a trovare strategie di auto mantenimento stabili, cosa che sta determinando modelli di famiglia sempre più improntati alla temporaneità e all’ incertezza.
Si presentano ogni giorno alla nostra attenzione famiglie con problematiche differenti: genitori disorientati di fronte ai compiti educativi, coppie assorbite da dinamiche relazionali complesse, famiglie invischiate con i nuclei di origine, genitori che faticano ad essere veicolo educativo per i propri figli e a trasmettere loro valori e norme.
Dal nostro osservatorio quotidiano vediamo genitori che con difficoltà riescono a fronteggiare le tappe del ciclo di vita, connesse alla nascita e all’adolescenza dei figli.
Vediamo, inoltre, famiglie dilaniate di fronte alla conflittualità, alla separazione e al divorzio e quando ciò accade il servizio sociale professionale deve camminare simultaneamente con la mediazione familiare, diventando uno dei principali invianti delle coppie consenzienti ai servizi specialistici di mediazione.
Tuttavia gli ambiti territoriali pugliesi risultano ancora poco forniti di centri di mediazione pubblici o gestiti dal privato convenzionato, nonostante tali servizi siano espressamente disciplinati dal Regolamento regionale 18 gennaio 2007 n. 4, “Regolamento attuativo della legge regionale 10 luglio 2006, n.19”.
Il summenzionato regolamento richiama la mediazione familiare, all’art. 94, annoverandola tra i servizi riconosciuti e per i quali gli stessi ambiti territoriali hanno il dovere di programmare ed attuare gli interventi al fine di rendere esigibili i diritti dei cittadini, potenziali destinatari del servizio.
Tale esigenza si fa sempre più forte in considerazione del fatto che assistiamo a separazioni così conflittuali che ci confermano che situazioni deprivanti dal punto di vista psico-sociale esistono non soltanto in quelle famiglie cosiddette “problematiche”, tipicamente prese in carico dal servizio sociale, ma anche in quelle famiglie sufficientemente dotate di risorse sociali, economiche e culturali e che nonostante tutto mettono in atto vere e proprie guerre.
Queste guerre, messe in atto dai confliggenti, sono così dure che pongono quale obiettivo prioritario la distruzione dell’altro, nonostante l’altro fosse stato precedentemente scelto per condividere il progetto di vita.
Questa elevata conflittualità si basa sul fatto che ognuno delle parti aveva investito tanto in quel legame e riposto in esso numerose aspettative e speranze.
Ciascuno aveva confidato nel fatto che quel legame avrebbe garantito l’accoglienza e la soddisfazione dei propri bisogni, che invece sono rimasti sempre più insoddisfatti, lasciando spazio nel tempo a sentimenti di delusione, dolore, tradimento, rabbia e rancore.
Vediamo genitori così tanto impegnati a confliggere, che in quel determinato momento della loro vita, non riescono a pensare a nient’altro e a nessun altro, tanto meno ai figli che impietriti e attoniti assistono inermi alle guerre dei propri genitori.
Sono conflitti che vengono alimentati quotidianamente da liti e tensioni che si traducono in continue denunce, strumentalizzazione dei figli, interventi inadeguati da parte di terze persone che, tra l’altro, tendono esclusivamente a rafforzare il conflitto.
Tali dinamiche relazionali ci restituiscono figli preoccupati, disorientati e impauriti che mettono in atto strategie di adattamento volte alla sopravvivenza emotiva ed evolutiva e che necessitano di interventi specifici e multi-professionali per superare il disagio legato alla conflittualità genitoriale.
Quando questo accade, quando i comportamenti dei genitoriali sono poco tutelanti per i figli, il servizio sociale professionale ha il compito di richiamare i confliggenti verso un progetto di genitorialità responsabile e rispettoso dei bisogni e del benessere psico-fisico dei figli.
Questo progetto può essere attuato attraverso un percorso di mediazione familiare che va ad integrare gli interventi che il servizio sociale professionale mette in atto per la tutela dei minori e delle famiglie.
In maniera naturale, l’intervento dell’assistente sociale e l’intervento del mediatore familiare viaggiano parallelamente, condividendo gli obiettivi da perseguire sia pure utilizzando strategie differenti per raggiungerli.
Entrambe le professioni si pongono come obiettivo l’accompagnare i genitori verso la ridefinizione dei propri ruoli, ridefinizione che passa attraverso la riorganizzazione del sistema famiglia e la consapevolezza che si può non essere più coniugi, ma non si potrà non essere più genitori dello stesso figlio, perché si avrà sempre qualcosa di molto importante da condividere nell’interesse della prole.
Entrambe le professioni, tra l’altro, pongono al cento dell’intervento la persona nella sua unicità e nel rispetto delle differenze di cui ognuno è portatore, promuovendo l’autodeterminazione delle parti e valorizzando il processo di comunicazione, che deve porre l’attenzione delle parti sul valore pedagogico dell’apprendere nuove competenze relazionali.
Tante similitudini tra le due professioni, ma anche tante differenze che determinano la specificità e l’efficacia di ciascun intervento; la mediazione familiare fonda la propria efficacia sull’assenza di giudizio e sulla neutralità dell’intervento, mentre il servizio sociale non è neutro e svolge funzione di controllo e aiuto.
Al servizio sociale professionale è attribuita funzione di regia nel costruire e coordinare reti operative rispondenti ai nuovi e crescenti bisogni della popolazione.
La gestione del conflitto, può diventare lo spazio di costruzione di nuove sinergie professionali a tutela di minori, famiglie o gruppi che vivono situazioni di disagio legate al conflitto.
Affinché gli interventi siano efficaci e tutelanti è necessario promuovere strategie operative che puntino ad una gestione operativa integrata, mediante concertazione e cooperazione di tutti gli attori coinvolti a livello istituzionale, gestionale e professionale.

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Ultimo aggiornamento

29 Novembre 2017, 20:01