La parola NOI letta al contrario è l’IO elevato all’ennesima potenza

Data:
12 Dicembre 2016

La parola NOI letta al contrario è l’IO elevato all’ennesima potenza
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Pubblichiamo una sintesi efficace dei contenuti del Convegno Nazionale “La Città del NOI”.
Ringraziamo Rossella per la chiarezza del suo bel contributo.
Lo Staff della Comunicazione 
 
Chi opera nel sociale sa benissimo che la gran parte del proprio tempo è rivolto alla conoscenza e al contatto con le persone.
Nei Cantieri della città del Noi è stata una tre giorni dedicata al welfare, uno stare assieme che ha permesso a tutti gli operatori del sociale e ai cittadini attivi di volgere questa volta l’attenzione su se stessi. Un Noi che spesso non fa distinzione tra chi dà e chi riceve, un noi inclusivo che tiene tutti sul piano del confronto.
Il lavoro più importante fatto in questi giorni è stato quello di fermarsi a riflettere sul significato di alcune parole, non solo di senso compiuto ma anche quelle di senso perduto e nuovo.
SPERIMENTARE. Andare oltre l’attaccamento ai ruoli e ai confini, la conoscenza normativa e le imposizioni economiche. La realtà ci costringe spesso a rivedere i disagi con occhi diversi, a trovare nuove soluzioni, a costruire nuovi paradigmi.
La prima grande sperimentazione è quella di cominciare a sviluppare l’autonomia personale, interrogandosi su cosa ostacola la libertà e il benessere di ognuno: povertà economica e relazionale, impossibilità di accedere ai servizi, rinunciare alla propria emancipazione rimanendo nelle proprie mure di casa, essere schiavi delle dipendenze: questi i maggiori motivi di privazione della libertà e le sfide che ci attendono.
ECOLOGIA INTEGRALE. E’ il concetto introdotto da Papa Francesco e usato da Don Ciotti per sottolineare l’importanza di un agire comunitario all’interno di una dimensione globale.
I diritti sociali abilitano l’accesso ad altri diritti: pensiamo all’ambiente, alla salute, all’istruzione. E non ci si arriva mettendosi in contrasto, abusando della propria posizione politica, affrontando i problemi in maniera settoriale. Occorre un maggiore sforzo nel porsi come interlocutori aperti e chiari, favorendo così l’accesso alla discussione anche a coloro che non detengono i mezzi per poter operare fattivamente.
GIUSTIZIA RELAZIONALE. La giustizia è una relazione tra chi dà e chi riceve. Non è un atto, ma un processo continuo. Questo compito, come gran parte del terzo settore, ormai appartiene sempre più alle comunità parrocchiali e sempre meno alle istituzioni.
La comunità ecclesiastica si sta sostituendo al ruolo di educatore familiare, ma ancor di più allo Stato che dovrebbe essere attore protagonista e attento a riconoscere e soddisfare i bisogni primari. La laicità dei servizi aiuta a conoscere la realtà al di fuori dei pregiudizi.
Don Angelo Cassano ha ricordato che i progetti di strada fortemente radicati sul territorio diventano maggiormente incisivi rispetto all’erogazione di risorse economiche provenienti “dall’alto”. Per fare cose buone spesso non serve essere dipendenti dai finanziamenti pubblici. Unire le proprie risorse umane ed economiche “dal basso” può essere la giusta premessa per mettere in atto azioni che funzionano.
ASPIRAZIONE. Avere la capacità di stimolare il proprio quotidiano, ricorrere anziché ripetere, evitando l’automatismo delle nostre azioni e l’assuefazione alle cose che accadono.
Solo così si raggiunge lo SVILUPPO, si sperimentano nuove strade provando a essere margine tra le varie fatture sociali oggi esistenti: uomini e donne, vecchi e giovani, tra chi ha e chi non ha.
POTERE DELLA CONOSCENZA. Investire sugli altri per raggiungere una conoscenza piena dei problemi esistenti. Abbandonare le modalità tradizionali del sapere, sollecitando la curiosità, il piacere per la creatività. Questo ci accredita e ci dà tale potere.
DECOSTRUIRE modelli di welfare ormai troppo interiorizzati e radicati.
Bisogna abbandonare l’idea che possiamo risolvere i problemi delle persone. “Sentire di potere” significa rinunciare all’onnipotenza. Dovremmo piuttosto impegnarci a creare organizzazioni più dinamiche, aperte, costruite più sui problemi che su ruoli e gerarchie.
ANTROPOLOGIA URBANA. Studia le relazioni fra individui nei luoghi e fra i luoghi, all’interno delle rappresentazioni mentali soggettive.
Occorre valutare la giusta dimensione degli spazi sociali, strettamente legati al rischio che ci sia o meno maggiore conflittualità rispetto ad essa.
INNOVAZIONE. Favorire la co-produzione tra associazioni e istituzioni in maniera costante, attraverso una stretta collaborazione con le politiche del lavoro e della formazione. Ricucire il legame assai frammentato tra sanità e terzo settore.
DEMOCRAZIA. La società è coesa quando è equa e garantisce i servizi a tutti i cittadini, intesi come tali e non solo come lavoratori. L’accesso ai diritti sociali primari favorisce la partecipazione alla vita politica e permette lo sviluppo delle diverse capacità individuali.
 
Queste e altre definizioni hanno favorito una riflessione generale sul ruolo degli operatori sociali oggi e sulle sfide che ci attendono.
Le professioni sociali devono riacquistare il loro ruolo politico all’interno della società. Solo così possiamo far tornare l’attenzione sui temi importanti, come ad esempio le misure da adottare per contrastare la povertà (vedi reddito di cittadinanza), ri-capitalizzando i servizi e non tagliandoli o frammentando le risorse a disposizione.
Occorre riappropriarsi del senso di responsabilità che attiene a chi lavora nel terzo settore e ha il compito di incidere fortemente sulle scelte che vengono (im)poste a livello politico e istituzionale.
La continua formazione gioca un ruolo fondamentale nel combattere le disuguaglianze, la speculazione sulle emergenze e il dilatarsi di crepe sociali sempre più difficili da risanare. Attraverso la conoscenza possiamo innescare valori nuovi che sostituiscono quelli devianti.
Un invito, quello di Carlo Borgomeo, a diventare “soggetti compiuti di cambiamento”.
 
di Rossella Lopetuso

Ultimo aggiornamento

12 Dicembre 2016, 20:56